Felix potuit rerum cognoscere causas…
“Felice chi ha potuto conoscere le cause delle cose”
Bellissimo verso virgiliano. Il poeta antico, nativo di Mantova ma innamorato di Napoli (ehm), lo scrive nelle sue “Georgiche” alludendo al saggio epicureo che, illuminato dalla filosofia, è giunto a possedere le “rerum causas”, le cause delle cose.
Verso che moltissimi però, anche assai colti, spesso dimenticano.
Spesso e volentieri. Purtroppo.
Ultimo esempio in questi giorni. I tifosi atalantini hanno manifestato scarso gradimento verso l’ipotizzata presenza del cantante napoletano Gigi d’Alessio al concerto per il centenario della loro squadra. L’artista ha rinunciato. L’evento è stato cancellato. Sono giunte le scuse della società nerazzurra, una nota del d’Alessio medesimo e, prevedibile, il polverone mediatico: nobili e illuminate prese di posizione di sindaci, sindacalisti, intellettuali e scienziati bergamaschi contro la figuraccia che gli ultras (solo loro?) avrebbero fatto fare alla città.
E giù a dar dei razzisti retrivi.
Senza capire che la prossima volta, proprio a motivo dell’ennesima lezioncina poltically correct, potrebbe andare ancora peggio.
E senza chiedersi, naturalmente, le “rerum causas”.
Perché?
Perché la stessa curva che ama il nero Makinwa e il terrone Migliaccio in campo con la maglia dell’Atalanta, non vuole d’Alessio sul palco a celebrare l’Atalanta?
Forse converrebbe chiederselo, prima di emettere giudizi di disarmante scontatezza.
Bergamasco della diaspora, emigrato 35 anni fa, azzardo un’ipotesi (non certezze) per provare a rispondere.
Temo che lo scarso entusiasmo di parecchi Bergamaschi (mica solo degli ultras, date retta) all’idea del d’Alessio al centenario della loro dea, derivi anche da un sottile senso di disprezzo di cui, proprio in quanto bergamaschi, quei tifosi si sentono oggetto. Spesso, e lo dico perché lo vedo e lo sento, ciò che attiene a Bergamo è visto, da fuori, con malcelato senso di superiorità. Ci sono città e tifoserie che godono di buona, od ottima, stampa, e cui alla fine si perdona quasi tutto; e ce ne sono altre, come la nostra, che, a prescindere, vengono ritenute violente, incontrollabili, pericolose. E cui non si perdona quasi nulla. Pensate il derby romano interrotto un paio di stagioni fa; pensate i morti che hanno sulla coscienza le due tifoserie milanesi: eppure, vuoi mettere come sono cattivi quelli di Bergamo, che pure notoriamente non usano lame e non hanno mai fatto vittime?
La cosa, fra l’altro, non concerne solo l’ambito calcistico: un sorrisino pressoché di compatimento può di volta in volta riguardare, che so?, il dialetto bergamasco (sapido e argutissimo, ma altrove giudicato orribile e rozzo; mentre altri dialetti sono gratificati del titolo di “lingue”), l’operosità bergamasca (contrapposta nella sua basica serietà all’allegro arrangiarsi altrui) o la bergamasca iniziale sobrietà, quasi diffidenza, nei rapporti umani (cui risponde facile cordialità a latitudini diverse).
Questi pregiudizi, e non solo questi, il Bergamasco se li sente addosso. E alla fine credo pesino. Al punto magari da far scattare un orgoglio discutibile, certo, ma risentito, non razzista. O che, se mai, reagisce a un razzismo subìto.
Siamo, come tifosi, i più terribili di tutti (e non è vero)? Siamo, come gente, arretrati, chiusi, ottusi, capaci solo di lavorare e parlare un dialetto orribile (e non è vero)? Siamo i montanari della Val Brembana? Bergamini, muratori e nient’altro?
Bene. Benissimo. Però la nostra squadra e la nostra bandiera la festeggiamo noi, con i nostri cantanti e i nostri amici.
Tutti questi altri che ci sono superiori in tutto, per una volta, quella volta lì, non ce li vorremmo. Perché li sentiremmo imposti da fuori e sostanzialmente estranei ai nostri desideri e ai nostri sentimenti.
Pensare così è far fare una figuraccia alla città, come pretende l’intellighenzia che va in tribuna vip? Forse no. Forse è amarla e viverla per ciò che è. E per come è considerata.
mercoledì 18 luglio 2007
MOGLI, BUOI (E CANTANTI) DEI PAESI TUOI
Un paio di mesi fa, i tifosi dell'Atalanta si ribellarono perché alla festa del centenario della società era stato invitato Gigi D'Alessio, cantante che con la realtà orobica c'entra come i cavoli a merenda. Al solito, i media crearono subito un caso: i bergamaschi sono razzisti, i bergamaschi odiano i terroni e via a snocciolare patetici luoghi comuni.
In pochi però hanno saputo analizzare la vicenda con un briciolo di senno e di buon senso. Tra questi, l'articolo che vi presentiamo, tratto dal sito Atalantini.it.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
20 commenti:
ma poi gigi dalessio a suonato a bergamo?
sì, è stato un grandissimo successo. non hai letto l'articolo?
io so chi è gianfranco, con quell'errore di grammativa l'ho beccato
chi sei tu?
uno che ha capito chi sei tu!
sono gianfranco chi vuoi che sono
dai parlaci di te gianfranco, di dove sei? di catanzaro sul tanaro?
no cremona
allora conoscerai sicuramente il significato delle 3 T di Cremona?
facile questa gianfra
non sono n'ato a cremona
e dove sei nato? a tripoli come claudio gentile?
mmmm...non benissimo Gianfranco, io me lo farei spiegare soprattuto dalle ragazze di Cremona
gianfranco, ma quando vai a fighe becchi?, o becchi appena del pirla!
io vado in giro col mio socio nei bar a bere coca e rum
mi sa che becca il pirla!
che culo...quasi quasi ti invidio!
almeno io ho il coraggio di dire chi sono voi vi nascondete dietro gli schermi del computer bestie
ma io mi chiamo così, lo di nome e so di coggnome, quando sono nato stavo sul cazzo ai miei
scusa allora non volevo ofenderti
Posta un commento