martedì 24 aprile 2007

lunedì 23 aprile 2007

Pierino porcospino


Oh, che schifo quel bambino!
È Pierino il Porcospino.
Egli ha l'unghie smisurate
Che non furon mai tagliate;
I capelli sulla testa
Gli han formata una foresta
Densa, sporca, puzzolente.
Dice a lui tutta la gente:
Oh, che schifo quel bambino!
È Pierino il Porcospino.

Il treno


C'era una volta un drago terror della foresta,
un corpo tutto squame, sul capo una gran cresta.
Due occhi rossi gialli ed un vocione roco,
due fauci sempre aperte a sputare fumo e fuoco.

Ma un giorno un saggio mago lo prese per il collo
e in un secchione d'acqua lo mise un poco a mollo.
Sbollito dagli ardori gli disse: "Adesso tu
ti metti a fare il bravo e di guai non ne fai più!".

Al posto delle zampe gli mise quattro ruote
al posto del vocione un fischio a quattro note.
Le fauci bene chiuse legate per benino
e infine sulla testa gli sistemò un camino.

I due occhi rossi e gialli li trasformò in due fari,
e infine mise tutto su un paio di binari.
Allora il saggio mago tornò a casa sereno,
aveva ucciso il drago ed inventato il treno.

(Dali libro dei Quindici- rime e poesie)

E i gatti



Le macchine
le macchine
sono troppo veloci
per i gatti
i gatti
che vogliono attraversar
per cercare
un amore
un amore
che dall’altra parte della strada sta
(si sa, bisogna rischiar)

E i gatti
i gatti
sono troppo indipendenti
per le donne
le donne
che li voglion carezzar
per mimare
un amore
un amore
quando proprio in giro non ce n’è
(neanche a pagar)

E se di notte mi vien voglia ti telefono
dalle cabine in autostrada da qualche squallido bar
sento i gettoni che cadono come battiti
del mio cuore ingenuo a metà
e tu rispondi annoiata
scocciata
addormentata
alle tre di notte cos’altro potresti far
e io ti chiedo sei sola e tu naturalmente ti incazzi
vorresti dormire vorresti riattaccar
e non capisci che...

I telefoni
i telefoni
sono troppo scomodi
per le zampe dei gatti
dei gatti
che voglion telefonar
per chiamare
un amore
un amore
che abita in un’altra città
(chissà se un giorno tornerà)

E la notte
la notte
ci sono troppe stelle
troppe macchine
e ai gatti
viene voglia di sdraiarsi
proprio in mezzo
alla strada
e guardare
e aspettar
che qualcuno gentile ti tocchi la spalla e dica
il mondo è finito, signore
se ne può andar

E se di notte ti vien voglia mi telefoni
dalla tua casa tranquilla o da un albergo sul mar
sento gli squilli che mi svegliano come battiti
del tuo cuore ingenuo a metà
e ti rispondo scocciato annoiato addormentato
alle tre di notte cos’altro potrei far
e se mi chiedi se sono solo dico son solo
sono solo solo solo come posso spiegar
i gettoni son finiti signore
è ora di andar
ma perché non capite che...

..Le macchine...
(Ripetere dalla prima strofa)

(Stefano Benni)

venerdì 20 aprile 2007

Il faro


Il faro ci scruta di lontano
e osserva la nostra vita.
Però, quando dormi,
ti caga ben la minchia,
la luce.

(Kikujiro, 1993 circa)

Distanze


Sono ad Avellino,
mangio la cotoletta alla milanese.
Cosa mai ci legherà
a tanti chilometri di distanza?

(Kikujiro, 1993 circa)
Pena de l'alma

Che farò lontan da te pena dell'anima
senza vederti, senza averti, nè guardarti
anche lontano non vorrò dimenticarti
anche se è ormai impossibil il nostro amor

Come levare via il profumo al fiore?
Come togliere al vento l'armonia?
Come negar che ti amo vita mia?
Come togliermi in petto questa passion?

E a veder che crudel destino ora ne viene
ma che l'ombra ora ci prenda più mi addolora
Il mio cuore mi dice che non può seguirti ancora
e nemmeno questa angustia sopportar

Come levar alle stelle via il bagliore?
Come impedir che corra il fiume al mare?
Come negar che soffre il petto mio?
Come levar dall'anima questa passion?
Come levare via il profumo al fiore?
Come togliere al vento l'armonia?

Fuori dalle braccia tue sulle ginocchia mie
così levarmi in petto questa passion?
Fuori dalle braccia tue sulle ginocchia mie
così levarmi in petto questa passion?

giovedì 19 aprile 2007

BATTI CUORE


batti cuore

batti cuore

non è amore

non è amore

è la vita

è la vita

se si ferma

è un infarto!

TEMPO DI VACCHE MAGRE


FLYINGH HIGH


Alla vita

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola.

(Nazim Hikmet)

Basta!

Fragranza bramata
la baldanza affanna, arranca
affannata Parca.
La saga da Salamanca
ad Arcavacata,
tramanda tramandata,
masnada passata bastarda.
Salta la scalza gamba
strampalata,
sacra cagna gratta la zampa
bracca la starna, l’anatra
la cavalla, la farfalla salvata dall’ala.
La talpa ansa, scalmanata.
Landa amalgamata, allagata
attracca la tartana.
Patatrac al trantran
sarabanda al can can
Basta!

mercoledì 18 aprile 2007

Rinascita

Mi sentii spegnere in un dolore infuocato di sottili aculei di ghiaccio
Fui depredata dei miei sogni
Strazio pervase nel profondo
Pesanti si sgretolavano le poderose certezze, pilastri del mondo

Caddi sulla fredda terra odorosa di lacrima
e anestetizzata ascoltai quel sordo vuoto dentro me
Mio padrone era il silenzio
Gelo copriva la nuda carne senza essere

Poi quel grido…
Disperata rabbia di riavermi salì dalle mie viscere
Rosso fuoco mi riaccese
Assetata mi lascia travolgere da quell’acqua impetuosa che risveglia dal torpore

Fu allora che ritrovai il dolce respiro del mio suono

FANCULO

VAFFANCULO.

martedì 17 aprile 2007

The house of the rising sun

Is there anybody out there?

Proverbio

Prima da parlà, tas.


(Antico proverbio lodigiano)

assenza

" Dormo con te,
mi sveglio con te
eppur non ci sei;
m'empio le braccia del pensier di te
e stringo gli alisei"

John Clare

lunedì 16 aprile 2007

venerdì 13 aprile 2007

QUESTIONI DI DIOTTRIE

Spesso capita che a molte persone, per essere felici, mancano solo le diottrie per vedere la felicità.

BEPPE AIUTACI TU!!!!!!!!!

Vismo

Ciascuno deve pensare a Cicciolina per sé


Una volta un mio compagno delle elementari ha detto che l’acqua del rubinetto dei cessi della scuola faceva schifo perché sembrava sborra, l’ha sputata per terra e è andato in cortile a giocare a rialzo con gli altri.
Io alla fine dell’intervallo gli ho chiesto cosa voleva dire sborra e lui ha risposto che agli uomini delle volte invece di uscirgli dal coso la pipì esce la sborra che è bianca e ha lo stesso odore dell’acqua del rubinetto delle elementari quella mattina di maggio.
Allora quando esce la sborra nascono i figli diceva il mio compagno, tutte le persone che vanno in giro a fare disastri nascono, comprano la mortadella al negozio, vanno alla partita che c’è domenica o a loro volta si sposano e attraverso la sborra fanno continuamente altri figli che quando sono grandi esce anche a loro la sborra e tutto questo, si chiama Mondo.
Per un po’ di giorni io ogni volta che andavo in bagno e facevo la pipì controllavo il colore di quello che usciva se era bianco.
Ero un bambino che era molto spaventato dalla sborra. Quando vedevo che quello che usciva era giallo facevo un respiro di sollievo, non causavo a mia volta dei figli ma avevo otto anni e non capivo ancora nulla del sistema di continuare del mio pianeta e del mio paese.
Io, ci pensavo.
Un giorno per capire questa situazione ho chiesto a mio padre se essendo un padre adulto gli usciva normalmente la sborra dal coso. Mio padre mi ha dato uno schiaffo e mi ha detto di non dirlo mai più se gli usciva la sborra dal coso. Mi sono sentito morire e siccome già da tempo sapevo che ci sono delle parole che non si possono dire, ho messo dentro sborra tra queste.
L’album delle parole che non si possono dire piace molto ai bambini.
Le guardano di nascosto le dicono piano se le scambiano tra loro.
Una di queste è puttana, un’altra faccia di coglione che sei.
Poi ci sono le bestemmie, che sono le parolacce peggiori, quelle che se le dici succede qualcosa, un motorino va a sbattere contro le vetrine dei negozi di Via Roma. A volte, anche i genitori dicono parolacce e bestemmie di ogni tipo ma il motivo è che i bambini li hanno fatti arrabbiare, ad esempio mio nonno diceva non farmi bestemmiare non farmi bestemmiare e alla fine bestemmiava e questo era colpa mia.
A nove anni, ho trovato in Sardegna un giornale nascosto sotto il letto di mio zio, era pieno di foto che non conoscevo. Lì c’era sempre scritta la parola sborra e si vedeva. Usciva come aveva detto il mio compagno di classe dal coso e delle signorine la bevevano con la lingua sennò gli andava sulle spalle, sul seno.
Oppure erano sedute come delle capre su un divano e un uomo nudo le faceva questa sborra sul culo, l’uomo aveva le calze rosse.
Inoltre i personaggi di quelle storie si leccavano tutto il giorno erano come impazziti, tra cui anche una donna molto bella che assomigliava a mia madre che sembrava schiacciata come una rana in quanto un uomo le metteva un coso davanti e un altro uno di dietro e lei era bionda e in mezzo a quei due restava.
Io, prima di quella sera non mi immaginavo niente di tutto questo e mi sembrava molto drammatico e continuavo a guardare il giornale.
Ma, un po’ avevo voglia anche io di diventare grande per fare quelle cose di nascosto strane. Ma, non potevo perché gli uomini nelle fotografie avevano un coso che sembrava un wurstel grosso mentre il mio era uguale a quello di tutti gli altri bambini.
Allora prima di andare a dormire mi concentravo e pensavo che il pisello mi diventava un wurstel come quelli dei giornali ma l’unica cosa che riuscivo a fare era stringere il sedere fino a che mi faceva male stringerlo così.
Ma un giorno mentre faccio il bagno mi pulisco il coso e mi diventa duro. Mi spavento lo guardo e aspetto che esce la sborra, ma passa un sacco di tempo, finisce la schiuma da bagno e io sono sempre lì nell’acqua con il coso duro senza che esce nulla di bianco fino a che il coso diventa molle esco dalla vasca e vado a giocare con Big Jim.
Poi un giorno a dieci anni un mio compagno di classe mi dà un giornalino e mi dice tieni vatti a fare una sega di nascosto e non farti vedere da nessuno. Io senza che nessuno se ne accorgesse l’ho letto dove mio nonno teneva le bottiglie di vino bianco in cantina, in estate le imbottigliava quando arrivava da una ditta veneta dove l’aveva ordinato. Era la storia di una vampira che succhiava il sangue a delle persone a cui poi rubava i castelli ma metà della storia era fatta di disegni come le fotografie del giornale nascosto sotto il letto di mio zio come la vampira che aveva in bocca il coso di uno che doveva ammazzare e che le diceva così, leccami il cazzo.
Non lo sapevo perché ma quando le guardavo quelle cose mi veniva il batticuore come quando andavo in bicicletta al Roncolino in salita. Questo forse perché era proibito guardarle anche se da quando le avevamo scoperte ne parlavamo sempre e andavamo a cercarle nelle discariche nascoste dappertutto sopra i mobili dei genitori dei cugini o anche dentro i sacchi della spazzatura.
Nel frattempo avevo capito un sacco di cose che mi aveva spiegato ossia che Adamo ed Eva erano stati scacciati dal paradiso terrestre perché avevano scopato e altre realtà che non immaginavo anche solo l’anno prima, ad esempio quando due persone una sotto e una sopra si leccano allo stesso tempo si dice il sessantanove. In un film di Lando Buzzanca avevo visto che seduto sopra di lui c’era una donna che aveva la gonna corta.
Lando Buzzanca le metteva una mano sotto la gonna e le diceva, tu me lo fai diventare duro come i giornalini.
Quando ho riportato il giornalino al mio compagno di classe lui mi ha chiesto se mi ero fatto la sega. Io mi vergognavo però alla fine gli ho detto che non sapevo cosa vuol dire, farsi una sega.
Lui mi ha detto che suo padre che andava in giro per la provincia di Varese a fare il rappresentante di medicinali va tutto il giorno dopo alle due ci vedevamo ai cessi dell’oratorio, mi spiegava una sega.
Il giorno dopo vado alle due nei cessi dell’oratorio c’è il mio compagno di classe che mi dice entra dentro chiudi a chiave ti faccio vedere.
Si tira giù i pantaloni e le mutande si prende il coso in mano e inizia a fare avanti e indietro sempre uguale. Subito il coso gli diventa un wurstel e lui fa la faccia come quella degli uomini dei giornali.
Poi si interrompe e mi guarda e mi dice è bellissimo devi provare puoi pensare a quello che vuoi. A Cicciolina che ti fa un pompino. Io gli ho detto che sapevo cosa voleva dire pompino e avevo visto delle foto di Cicciolina e sentito una sua canzone alla radio che parlava del cielo e di lei che era nuda. Lui ha detto bravo pensa in questo modo a Cicciolina e fai così e ha ripreso a fare avanti e indietro con la mano con gli occhi chiusi diceva di sì Cicciolina vieni qui continuava fino a che hanno bussato alla porta e lui ha detto occupato sto facendo la cacca e ha smesso di fare avanti indietro con la mano sul coso si è portato un dito alla bocca e piano piano mi ha fatto segno di fare silenzio, completamente silenzio.
Siamo rimasti zitti immobili un momento poi da fuori hanno bussato ancora e allora il mio compagno ha gridato vaffanculo sto cagando e il tipo che bussava se n’è andato e lui ha ripreso la sua cosa con gli occhi chiusi.
Io gli ho chiesto quando ti esce la sborra e lui ha detto alla fine, quella è la cosa più bella aspetta che penso a Cicciolina. Allora un po’ tutta questa storia mi dava fastidio gli ho detto io me ne vado lui mi ha bloccato mi ha detto guarda che devi assolutamente imparare perché non provi a farmelo un po’ tu.
Io non volevo proprio avevo un po’ schifo se gli usciva la sborra e mi sporcavo le dita e gliel'ho detto.
Lui mi ha risposto di pensarci bene che se glielo facevo mi dava dei giornalini dell’Uomo Ragno ma io ero disgustato anche se gli Uomo Ragno mi piacevano molto specialmente le storie dell’orrore alla fine.
Comunque non mi andava gli ho detto io me ne vado fuori a giocare a pallone con il Villa lui mi fa peggio per te ti perdi i giornalini e ha continuato a farsi una sega dicendo delle cose a Cicciolina che si immaginava lì.
Quella sera dopo Carosello dove ho visto Joe Condor che volava per controllare tutto e anche la pubblicità della carne Montana sono andato a letto per fare la mia prima sega ma continuava a diventarmi molle anche se mentre era duro era piacevole mi sembrava di essere uno che guida senza la patente sbandavo in curva e poi ricominciavo con più concentrazione.
Era molto faticoso sempre con la mano fare avanti e indietro e continuavo a distrarmi con il pensiero.
Pensavo a Cicciolina e mi veniva duro, poi pensavo al mio compagno che nel cesso dell’oratorio pensava anche lui a Cicciolina e mi diventava molle.

Ciascuno deve pensare a Cicciolina per sé.


(Aldo Nove, La più grande balena morta della Lombardia)

CHE TE NE FAI DI UN TITOLO?

non ce la fanno
i belli muoiono tra le fiamme:
sonniferi, veleno per i topi, corda,
qualunque cosa…

si strappano le braccia,
si buttano dalla finestra,
si cavano gli occhi dalle orbite,
respingono l’amore,
respingono l’odio
respingono, respingono.

non ce la fanno
i belli non resistono,
sono le farfalle
sono le colombe,
sono i passeri,
non ce la fanno.

una lunga fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
una fiammata, una bella fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
al sole

i belli si trovano nell’angolo di una stanza
accartocciati tra ragni e siringhe, nel silenzio,
e non sapremo mai perché se ne sono andati,
erano tanto
belli.

non ce la fanno
i belli muoiono giovani,
e lasciano i brutti alla loro brutta vita.

amabili e vivaci: vita, suicidio e morte
mentre i vecchi giocano a dama sotto il sole
nel parco.

"Tutti gli uomini sono pazzi.
E chi non vuole vedere dei pazzi,
deve restare in camera sua e
rompere lo specchio."

(A. De Sade)

giovedì 12 aprile 2007

La canzone della felicità

Se nella giornata tutto va’ storto, se il destino e gli altri ti remano conto, non resta che Un po’ di musica con dei buoni amici eeeeeeeeee……

La canzone della felicità!


Se sei triste,

ti manca l'allegria,
vuoi scacciare la malinconia,
vieni con me,
ti insegnerò
la canzone della felicità!
Bo bom bo bom bo bo

Batti le ali,
muovi le antenne,
dammi le tue zampine
vola di qua eee
vola di la...
è la canzone della felicità!
Bo bom bo bom bo bo

Lezione di storia....


sempre timidamente...

L'uomo più bello del mondo

Brad Pitt: "Dopo aver visto questa foto mi sono sentito una nullità".
Tom Cruise: "Pensavo di essere uno degli uomini più belli del mondo, ma purtroppo ho scoperto che la realtà è ben diversa".
Johnny Deep: "Beh, cos'ha in più di me?"

Le veline: "Per uno come lui saremmo disposte a fare di tutto"
Le letterine: "E' l'emblema dell'uomo moderno, muscoli ad alta definizione, sguardo da duro ma allo stesso tempo comprensivo"
Naomi Campbell: "Non ha rivali, è il migliore"

Due sue fans scatenate e vogliose così commentano tanta manna: "quando la sera ci stringe tra le sue forti braccia, possenti e muscolose, e ci lascia appogiare il capo sui suoi addominali scolpiti nella roccia, sappiamo cosa significa trovarci in paradiso".....sei il nostro "Bronzo di Riace". Ma ciò che lui nasconde vale più di mille parole.......


Rassegna stampa:
Il Cittadino: "E' di Castiraga Vidardo l'uomo più bello del mondo"
Il Correiere della sera: "Brad e Tom messi in fila da Beppe"
La Repubblica: "Si chiama Beppe il nuovo sex symbol mondiale"


io che lo conosco, vi posso dire che dal vivo è ancora meglio!


Il sogno continua...

mercoledì 11 aprile 2007

Un libro bellissimo


E facciamoce un poco di pubblicità...





Il titolo è secco: Calcio. Il sottotitolo è ambizioso: «1898-2006. Storia dello sport che ha fatto l'Italia». L'autore è inglese e si chiama John Foot ed è il nome vero anche se sembra, visto l'argomento trattato, uno pseudonimo (Giovanni Piede). Dico subito che il libro è all'altezza della sua ambizione. John Foot, storico londinese di 42 anni, allievo di Paul Ginsborg, è riuscito effettivamente a scrivere una storia del calcio nazionale come vero Rinascimento. L'Italia non la fecero Cavour e gli altri. L'Italia l'ha fatta il calcio, il gioco del pallone. Racconta John Foot: «Durante gli anni Novanta, iniziai presto a capire che in Italia il calcio non era solo un fenomeno sportivo di massa, ma anche qualcosa che rispecchiava e influenzava gli orientamenti politici, culturali e sociali: era pressoché impossibile comprendere l'Italia senza conoscere il calcio, e viceversa». Questa convinzione, prosegue Foot, divenne definitiva quando Silvio Berlusconi «scese in campo» in politica e chiamò il suo movimento con il grido tipico dei tifosi alle partite della Nazionale: Forza Italia. All'inizio la storia di Foot è divertente, come dovrebbe essere divertente la storia di un gioco. Racconta la storia del capitano del Milan primi Novecento, l'inglese Herbert Kilpin, detto Lord, che aveva l'abitudine di nascondere una bottiglia di Black and White in una buca dietro la porta per farsi un sorso rincuorante di whisky quando la sua squadra prendeva un gol. Ma il calcio italiano non è più ungioco e Foot l'ha definitivamente capito quando si è imbattuto in un gioco da tavolo, «Akkiappa l'arbitro», lanciato nel 2003 da Enrico Preziosi, industriale del giocattolo e presidente del Genoa condannato per illecito sportivo. «Akkiappa l'arbitro» funziona così: «Si trattava di un gioco piuttosto semplice: un piccolo campo da calcio plastificato sul quale erano attaccati alcuni pupazzetti a forma di arbitro, sul cui testone appariva un pulsante luminoso. Alcuni di questi pupazzetti erano completamente calvi, come Pierluigi Collina, all'epoca il fischietto più famoso d'Italia». Attenti perché ora viene il bello. «Nella scatola erano inclusi due guanti imbottiti. Lo scopo del gioco? Colpire, nel minor tempo possibile, la testa dell'arbitro illuminata». Il gioco, come si capisce dalla descrizione, non era un granché ma, osserva Foot, «come metafora del rapporto tra gli italiani e l'arbitro è perfetto». Gli arbitri italiani, pur se armati solo di fischietto, ricordano a Foot gli sceriffi del Selvaggio West: «Cercano di imporre la sempre più fragile autorità della legge e dell'ordine per fronteggiare il sospetto, l'ostilità e la violenza». La generale avversione alla figura dell'arbitro è riconducibile secondo Foot a un sospetto avanzato da Paul Ginsborg, il suo maestro. Ginsborg ha ravvisato nei rapporti tra i tifosi italiani e l'arbitro gli stessi sentimenti (diffidenza, disprezzo, cinismo, odio) «che caratterizzano il rapporto tra gli italiani e lo Stato». La storia d'Italia è dunque la storia del non rapporto tra gli italiani e l'arbitro (lo Stato). Basterebbe questo ma nel libro c'è molto altro. Raccontando del Grande Torino e della sua tragedia, Foot cita l'articolo che Vittorio Pozzo, il commissario tecnico che vinse due mondiali con la Nazionale azzurra e che poi diventò giornalista della Stampa, scrisse su Superga. Scrisse Pozzo: «Il Torino non c'è più, è scomparso, bruciato, polverizzato... è morto in azione, come uno di quei plotoni arditi che, nella guerra, uscivano dalla trincea coi loro ufficiali al completo, e non ritornava nessuno, al complesso». Leggendo Pozzo mi è venuto di pensare che la tragedia del Grande Torino fu anche un modo per l'intera nazione elaborare il lutto della Seconda guerra mondiale (e forse anche della Prima). Fu un modo per illudersi, grazie a Valentino Mazzola e ai suoi compagni, di essere stati eroi. Il calcio come transfert, i campioni di calcio come eroi di una guerra perduta. Con Superga finì davvero la guerra e di lì a poco l'Italia conobbe il miracolo economico, il benessere. E il calcio si fa trovare puntuale all'appuntamento con la storia. Scrive Foot: «Per tutti gli anni Sessanta, Milano è la capitale incontrastata del calcio. Inter e Milan hanno vinto entrambe due Coppe dei Campioni in quel decennio, con i nerazzurri che fallirono il tris nella finale del 1967 contro il Celtic Glasgow... E il capoluogo lombardo era anche la capitale morale dal momento che era la città attorno alla quale ruotava l'economia italiana degli anni Sessanta». Il simbolo di quell'epoca felice è Gianni Rivera. Foot lo onora in maniera molto inglese quando ricorda la risposta di sir Alf Ramsey, mister dell'Inghilterra campione del mondo, la volta che gli chiesero di elencare i quattro giocatori italiani più forti degli anni Settanta. «Rivera, Rivera, Rivera, Rivera», disse Ramsey. L'altro personaggio simbolo di quella Milano e di quella fetta di storia d'Italia fu il Mago Helenio Herrera, allenatore della Grande Inter. Foot dà una efficacissima definizione di HH e della sua filosofia di vita: «Una bizzarra combinazione tra un sergente inflessibile e Buddha». Nel libro si riporta anche un brano di Fiora Gandolfi Herrera, la moglie del Mago, in cui si capisce che Herrera fu un personaggio favoloso degno di un libro come Cent'anni di solitudine: «Helenio Herrera è nato in un'isola bianca del Rio de la Plata o del Tigre, non si sa bene quando... Il mondo era la sua patria: aveva scelto di essere straniero, cioè diverso, ovunque... parlava e scriveva un curioso miscuglio di idiomi: francese, italiano, spagnolo, inglese e arabo». Foot non dimentica l'altro grande mister dell'epoca, il milanista Nereo Rocco e lo descrive come una specie di istruttore di marines («uno stile alla Full Metal Jacket»), dai memorabili detti in triestino: «A tutto quel che se movi su l'erba, daghe. Se xe 'l balon, no importa». Gli anni Sessanta finirono presto e anche il boom. Vennero anni di stragi e terrorismo e ancora una volta (il meccanismo messo a punto da Foot no perde un colpo) il calcio racconta a suo modo quell'epoca. A rappresentarla meglio di qulasiasi altra cosa è la Lazio dello scudetto 1974. Più che una squadra, una mezza dozzina dove quasi tutti giravano armati (l'aria del tempo). Foot riporta una dichiarazione del portiere Felice Pulici: «In quella quadra la pistola ce l'avevamo più o meno tutti... giravamo con la fondina sotto l'ascella, come gli ispettori dei polizieschi americani». Gli anni Ottanta sono gli anni del Milan di Sacchi e del Napoli di Maradona. Il primo è pura algebra e l'inizio di quello che è stato chiamato il neo-calcio, il calcio del business e della televisione. Il secondo è un luogo di culto. Foot cita l'ex autista del Pibe de oro, Pietro Pugliese: «Secondo Pugliese, durante la sua permanenza a Napoli, Maradona era andato a letto con 8.000 donne, molte delle quali "trovate" grazie al suo autista. Pugliese rivangò inoltre la vecchia storia dello scudetto gettato al vento nel 1988 per le pressioni della camorra che dirigeva le scommesse clandestine in città». E qui prende il via un'altra fetta della storia d'Italia che arriva fino ai nostri giorni e che è stata drammaticamente narrata da Roberto Saviano in Gomorra. Potrei fare altri esempi ma ormai avrete capito che la tesi di Foot funziona: il nostro calcio è la nostra storia.di Antonio D'Orrico da Corriere della Sera - Magazine (05 aprile 07)

Felice del mondo felice

Nostra musa ispiratrice, piccolo grande uomo dal cuore d'oro. Leviamo a te i nostri calici traboccanti di buon vino bianco, tu che con le tue parole e i tuoi gesti tutti sollazzi e diverti.

Abbraccio

Donami un abbraccio sincero,
luminoso come un giorno d'Estate,
ma che sia lungo,
lungo una vita.

(C. Bramanti)



Chi non perdona gli altri,
distrugge il ponte nel punto in cui
anche lui deve passare...
(Proverbio africano)

CAN I SEE?


timidamente...

Da leggere il mattino e la sera
Quello che amo
Mi ha detto
Che ha bisogno di me
Per questo ho cura di me stessa
guardo dove cammino e
temo che ogni goccia di pioggia
mi possa uccidere
(Bertolt Brecht)

Porta Romana


Un cinemino forse fatto apposta,
due film in una volta cento lire,
ci siamo andati insieme ad ogni festa,
seduti in fondo, là senza guardare

Er giorno der giudizzio



Quattro angioloni cole tromme in bocca
se metteranno uno pe cantone
a sonà: poi co tanto de vocione
cominceranno a dí: " Fora a chi tocca".

Allora vierà su una filastrocca
de schertri da la terra a pecorone,
pe ripijà figura de perzone,
come purcini attorno de la biocca.

E sta biocca saà Dio benedetto,
che ne farà du’ parte, bianca e nera:
una pe annà in cantina, una sur tetto.

All’urtimo uscirà ’na sonajera
d’angioli, e, come si s’annassi a letto
smorzeranno li lumi, e bona sera।

(Giuseppe G. Belli)

Nord

un orologio ch'è contro i teroni
l'ho comperato venerdì a gurone
è tutto digitale è molto bello

è l'orologio che piace alla gente
sono molto felice che ce l'ho
e adesso che ce l'ho lo porto in giro

è digitalizzato lui ogni volta
che si avvicina uno che è siciliano
ogni volta che c'è un terone in giro

il mio orologio che l'ho comperato
a gurone la scorsa settimana
vicino all'ipercoop c'è quel negozio

che vendono orologi che io compro
coi soldi che guadagno vi dicevo
che se per caso si avvicina un

mangia mangia di roma il mio orologio
ne avverte la presenza anche nel raggio
di un chilometro e mezzo e allora inizia

a suonare ed inoltre ha le ore scritte
in dialetto lombardo come me
che sono nato nel rione corgnana

di viggiù cioè nel centro andando verso
il colle sant'elia che sta vicino alla svizzera dove c'è la gente

che non butta per terra le stronzate
in svizzera se butti anche soltanto
un pacchetto di marlboro per terra

invece in puglia ed in basilicata
col mio orologio con il centurino
in plastica lombarda con le ore

scritte in dialetto che è la nostra lingua
ho il cellulare in dialetto lombardo
appaiono le scritte in varesotto

se arriva una chiamata non c'è scritto
in italiano chiamata in arrivo
è scritto in varesotto la mia lingua

non c'entro un cazzo con i mangia mangia
guadagno due milioni e mezzo al mese
lavoro io non abito in teronia

con tutti i soldi che guadagno esco
la sera con i miei amici del nord
andiamo in giro non sporchiamo niente

se comperiamo i mars non li buttiamo
per terra come fanno i siciliani
che se comprano i mars buttano via

la carta in terra buttano le cicche
al mio paese in posta ce n'è dieci
non fanno un cazzo tutto il giorno stanno

a leggere stop rakam oggi gente
i siciliani leggono i giornali
i libri sono degli intellettuali

hanno la casa come il leoncavallo
i siciliani non mettono mica
la tovaglia sul tavolo essi hanno

quegli affari di carta che hanno a roma
che vendono negli autogrill teroni
che non costano un cazzo e sono brutti

non guardo mai o।k. il prezzo è giusto
perché iva zanicchi è una terona
o almeno così sembra
così parla
(Aldo Nove)

Un po' di Romanticismo...





L'ombra

Senza neanche tentar
di trovare altre parole
oltre a quelle già dette e ridette
scordate e perdute...
rifletto sulla tua ombra.

Leggera si muove
sopra i fiori trapuntati del letto
sfiora i quadrati del pavimento
si sposta scivolando sulle pareti di stoffa ...
sotto il tuo corpo si nasconde quando stanco posi la testa sul cuscino.

La cerco con lo sguardo
già sicura di non trovarla
quando al mattino
solo l'aria
profuma di te.





Occhio all'occhio del ranocchio


Occhio all'occhio del ranocchio
Occhio, occhio, occhio, teniamolo sott'occhio

lunedì 9 aprile 2007

La cattiva strada


Lui è chi ha cantato Cristo in croce e ha dato i dieci comandamenti al commento di Tito, uno dei ladroni appesi. Lui ha messo in musica un prigioniero che non voleva respirare la stessa aria dei secondini. Lui cantava con voce di pozzo l'amore dei giorni perduti a rincorrere il vento. Lui è chi ha tradotto Leonard Cohen, Georges Brassens, Bob Dylan in quell'impossibile, perfetta versione di "Avventura a Durango", capolavoro di trasferimento da una lingua a un'altra. Lui è chi ha scritto che a morire di maggio ci vuole troppo coraggio, ha dato musica alla cattiva strada, ha squagliato la cioccolata dei dialetti, il genovese, il sardo, il napoletano dentro le ballate. Lui è chi è stato legato a un palo dell'Hotel Supramonte dove ha visto la neve sopra un corpo di donna amato, addolcito di fame e ha ascoltato i racconti dei banditi e ha conosciuto una loro cura che nessun detenuto di questo Paese ha provato. Lui è chi ha perdonato con gratitudine. Lui è chi ha visto al collo di Teresa una lametta vecchia di cent'anni, lui sa che il dolore di Franziska taglia più di un coltello di Spagna. E sa il bosco dove Sally arrivò con il tamburello e sa il bisturi che corregge il sesso di Princesa, e la ragazza che si versa un cucchiaio di mimosa nell'imbuto di un polsino slacciato. Lui è chi ha dato cantico ai drogati perché chiedessero: "e chi, chi sarà mai / il buttafuori del sole / chi lo spinge ogni giorno / sulla scena alla prime ore". Lui è chi ha suonato i pensieri dei suicidi, il nasone di Carlo Martello, le fregole di un vecchio professore e la più concreta offerta di un paradiso, in vendita a via del Campo. Lui è chi ha messo un giudice nelle mani esageratamente affettuose di un gorilla e ha lasciato che un pescatore sfamasse un assassino, e tacesse ai carabinieri. Lui è chi cantò le lapidi di Spoon River dove Jones il suonatore mai rivolse pensiero al denaro, all'amore, al cielo. Lui è chi ha voluto bene ai cuccioli del maggio che poi avrebbero azzannato i garretti dei potenti e avrebbero stabilito il record di carcere di una generazione italiana. Invano avvertiva gli altri: "per quanto voi vi crediate assolti / siete lo stesso coinvolti". Invano, perché gli altri si sono sempre assolti, da soli e definitivamente. Coinvolti restano solo lui, i caduti e i prigionieri senza fine. Sì, è stato il più grande, non solo per iscritto e in canto, ma per carattere, per dirittura d'urto contro la macchina luccicante di successo e carriera. Lui solfeggiava con gli sconfitti, sbriciolava il loro pane ai passeri. Dopo di lui la specie dei selvatici si è estinta. C'è il gran bazar degli ammansiti. Non l'ho nominato, solo enumerato. Chi ha bisogno di guardare il suo nome, ha perso tempo a leggere fin qua.
(Erri De Luca)

La giraffa


La giraffa ha il cuore
lontano dai pensieri.
Si è innamorata ieri
e ancora non lo sa.
(Stefano Benni)

domenica 8 aprile 2007

Finesettimana con Maria



Oggi sono intenzionato a raccontarvi a tutti come ho trascorso il mio scorso week end che è stato davvero molto gagliardo, emozionante.
Sono andato da Olivola, la mia amica di Catanzaro sul Tanaro che abita in campagna, abbiamo mangiato una cassetta di mele che ci ha portato suo zio che viene dal Tirolo, Pisichello Tonino.
Ha i baffi come Maurizio Costanzo, suo zio.
Le mele erano veramente buone, le abbiamo mangiate di gusto, poi erano multicolore, gialle, verdi e rosse e ce n'era anche una di color marronicino che Olivola ha detto quella è la migliore perché è diversa si distingue dalla massa e l'ha fatta mangiare a me perché mi vuole bene, dunque l'ho mangiata, era gustosa, sapeva di fango ma ho detto che era buona, gustosa ho detto con la mela ancora in bocca, lei non ha capito, si è offesa ha detto voi uomini siete tutti uguali.
Così Olivola è diventata tutta buia perché non ha capito le mie parole, dice che farfuglio, gracchio anziché parlare. E qui allora io vorrei aprire una parentesi, se mi è concesso: le donne fanno sempre così, le musone, dicono che noi non parliamo, ma scusa un attimo, avevo la mela marrone in bocca, mica potevo parlare per bene, no? Va beh, insomma, poi abbiamo fatto la pace perché io le ho regalato l'ovetto Kinder che le avevo comprato all'Oviesse, lei mi ha detto che bella sorpresa, ha trovato un aeroplanino, abbiamo giocato con l'aeroplanino, siamo andati al ruscello a fare merenda, lei con l'ovetto io mi sono preso un'altra mela, ma stavolta rossa, che quella marrone è gustosa, ma non mi fa parlare per bene.
Al ruscello c'era anche Pedone Walter, uno che è tutto con le cicatrici, avrà tipo 23-24 anni col cranio raso, fa l'ultras del Como, grida forza Como viva viva alè non ti lasceremo mai, io non seguo molto il giuoco del calcio, ma Olivola si vede che le piace quel Pedone lì perché ha i tatuaggetti sul collo.
Allora insomma davanti al ruscello c'era un alberello, tipo una betulla col tronco tutto spelacchiato, bianco, lei ha visto il Pedone sulla riva che si fumava placido la sua Marlboro, io mangiavo la mela (rossa).
Olivola si è messa fare la lap dance contro la betulla, ballava e intanto cantava delle canzoni strane, tipo ridem is a denser iu chen filin iu chen filin, lui, il Pedone Walter l'ha vista, si è messo a ballare anche lui, hanno fatto la lap dance insieme, poi hanno limonato un po' ma dopo circa un dieci minuti lui ha detto che doveva andare in trasferta a Palazzolo sull'Oglio a vedere il Como che giocava nel campionato di serie D e doveva fare l'ultrà.
Allora la mia amica Olivola si è un po' risentita, sputava per terra, ha iniziato a fumare le Camel una via l'altra, non mi guardava più. Allora io per consolarla ho lasciato a metà la mia mela (rossa) e gliel'ho data, lei era contenta e per ringraziarmi mi ha detto che fra una settimana-una settimana e mezza al massimo mi farà vedere le tette, io ero contento.
Poi ha suonato il telefonino, il mio Nokia tutto argenteo con la suoneria tecno: era mio zio Arturo, mi ha invitato a cena. Gli ho detto: sono qui con l'Olivola al ruscello, lui mi ha detto di dire anche a lei di venire a cena. Gliel'ho detto, all'Olivola, lei ha detto che preferiva stare lì al ruscello a meditare sulla sua condizione di donna oggetto e che voleva esercitarsi con la lap dance alla betulla.
Allora io le ho detto va beh, io vado dallo zio che mi fa la minestra col ginepro, lei ha detto ah va bene ci sentiamo, ti mando degli sms, magari anche quelli coi disegni. Le ho detto che andava bene, ho fatto ok col pollice come Fonzie e sono andato via, ho preso la bici, sono andato da mio zio.
Lì c'era anche Cellamare Rosalina, la parrucchiera di Triulzo Superiore sull'Adda, diceva porcherie tipo viva la figa il cielo sereno e cose così, era ubriaca perché aveva bevuto il ginepro. Allora l'abbiamo stesa sul letto, c'era anche Pitassa Carlotta, la poetessa che fa le rime coi rutti, l'aveva invitato mio zio, è ghiotta di ginepro. Poi siamo rimasti un po' lì a contarcela, la Pitassa beveva la gassosa e preparava nuove rime, suona il campanello ed era Olivola, era tornata dal ruscello.
L'abbiamo fatta salire, poi io mio zio e Olivola e Carlotta abbiamo mangiato la minestra di ginepro, Rosalina no che stava ancora male, rantolava sul letto. Poi abbiamo sorbito il gelato alla betulla che nel mentre Olivola aveva impastato mentre faceva la lap dance al ruscello.
Poi dopo mangiato abbiamo giocato a tressette, la prima partita ha vinto Carlotta, ma barava, mio zio la faceva vincere perché voleva portarsela a letto, io lo so, lei dopo che ha vinto ha detto: devo andare a casa a stirare i pannoloni di mio nipote Ciriberto IV che starà annegando nella merda. Così è andata via, lo zio ci è rimasto male, e allora insieme a Olivola ci siamo ubriacati col ginepro, poi tipo mezzanotte e mezza l'una Olivola è andata in disco col Pedone che era contento che il Como aveva vinto 4-0 con il Palazzolo, è venuta a prenderla con la Golf con dietro il simbolo degli Ultras, così siamo rimasti io e lo zio abbiamo giocato a canasta e a pittosecco, ha vinto lui, mi sono incazzato gli ho detto zio sei un bastardo e ti stanno cadendo i capelli, con la Carlotta fai apposta, con me vinci, stronzone.
Lui si è difeso dicendo che io ero un menzognero, allora gli ho ribaltato la mobilia e il pentolame, lui ha detto no stai fermo che poi la Rosalina si sveglia ci tira le scopate sul cranio con la saggina che quella è matta come i cavallini, ho detto e va beh, però non vale.
Poi sono andato a letto, mi sono svegliato a mezzogiorno, domenica non ho fatto niente, ho guardato il marito di Maurizio Costanzo in tv, faceva ridere, c'era uno che era stato lasciato dalla moglie, piangeva, allora lei gli ha detto se vuoi ti sposo io, è buona lei, mi sa che Maurizio Costanzo l'ha sposata perché è generosa, è bella, è fica.
(Kikujiro)

sabato 7 aprile 2007

Com'è profondo il mare

Com'è profondo il mare
com'è profondo il mare

venerdì 6 aprile 2007

Tango perpendicular


E' nel pavimento lavato dove brillano
i pesci d'oro delle scarpe nuove
E' nel sudore sulla fronte del violinista
E' nel Cupido dal dente cariato
che fa sedere le coppie,
aspettando la mancia
E' nel bicchiere di Tempranillo
dove lui desidera lei, attraverso un rosso inferno
E' nella segatura ben sparsa,
perché nessuna lacrima vada persa
E' nel primo sopraggiungere del tango
E' nella notte curiosa dietro la porta chiusa
Ma se non ti tengo tra le braccia
tutto questo è una cartolina odorosa
per un barbiere che dorme
per un barbiere che sogna
E' nella dama piccola che si appoggia
al cavaliere come a un parapetto di balcone
E guarda ombre di passi passare
in un fiume di neon e di fumo
nel suo grande music-hall personale
E' nel sorriso dello scemo che non può ballare
ma dentro di sé conquista e seduce
la bionda triste, con l'uomo al fianco
che parla di sacchi di caffè,
e non ama il tango
E' nel gesto di Carlos che spalanca
il bandoneon, come Mosè che apre il mare
E' nel frusciare di una gonna, in un attimo di silenzio
E' nell'odore di rosa, calzini ed assenzio
Ma se non ti bacio come si baciano i ragazzi
tutto questo è nostalgia, per un mare dipinto
per un marinaio senza più nave
per un marinaio senza più vento
E' nella tosse roca del ballerino migliore
che indossa la morte, come un abito ben fatto
E' nella vecchia coppia che danza"Enganadora" per la millesima volta
E' nella vecchia ferita da coltello
il giorno che qualcuno difese qualcuna
Nelle risate troppo forti e smargiasse
nelle farfalle che si uccidono sulle lampade rosse
E' nella grazia e nell'arroganza
di questo contrappunto, che ci trascina
nei campi di luna, oltre la porta
Ma se non mi sei vicina, amore
tutto questo è uno spartito vecchio
dentro una vecchia valigia di carta
dentro una vecchia valigia sporca
(Stefano Benni)

Ode al giorno felice

Ciao a tutti amici e amiche del blogghe,
mi faccio coraggio e, dopo aver superato più o meno brillantemente le difficoltà informatiche, rompo il ghiaccio sperando che qualcun'altro mi segua....
ora viene la parte difficile.......scrivere qualcosa che non sia l'inizio o la conclusione, ma esattamente quello che voglio scrivere!!! Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh

ci vorrebbe una poesia per cominciare, un'ode al mondo felice....purtroppo non la trovo, quindi non mi resta che dedicarvi un'ode al giorno felice


ODE AL GIORNO FELICE - P.Neruda


Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,essere felice
perché sì,perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.


in conclusione, io e i miei amichetti
vi facciamo tanti tanti auguri di PASQUA!!!
"Frensi la dolce"

giovedì 5 aprile 2007

Mondo Felice

Mondo Felice è un cantiere aperto, dove tutti possono dare il proprio personalissimo contributo. E' il frutto della collaborazione di un gruppo di amici che vogliono fare della virtualità un luogo meno freddo in cui lasciare lampi, pensieri e immagini della loro realtà. Questo blog sarà popolato da tanti personaggi che si cimenteranno nella scrittura del diario e che vi racconteranno di schietti e genuini figuri che man mano appariranno in tutta la loro inconfondibile umanità. Inizierete presto a conoscere individui dalla personalità balzana e affascinante, storie di paese grottesche e surreali, piccoli bar di provincia dove ci si diverte e ci si innamora. Il tutto cercando di evitare i soliti piagnistei nazional-esistenziali che riempiono solitamente i blog. Il nostro scopo è infatti cercare di raccontare la vita con un sorriso, anche quando tutto sembra andare storto e gli astri non vogliono sapere di stare dalla nostra parte. Perché questa vuole essere un'oasi di ristoro dello spirito per tutti i naufragi che si incaglieranno in questi lidi: benvenuti nel nostro Mondo Felice.