giovedì 7 giugno 2007

Pink Moon


Il nome di Nick Drake negli ultimi anni è stato fin troppo pronunciato, molto spesso a sproposito. Ogni settimana un nuovo nome del firmamento folk anglo-americano si vedeva preso di mira dal fuoco incrociato di paragoni. Bastava pochissimo: una sfumatura malinconica nella voce, una tecnica chitarristica insolita, un aspetto taciturno o silenzioso. Inesorabilmente veniva tirato fuori quel nome, sorta di spada di Damocle sul capo dell'artista di turno. Con il risultato di inibirne la dignità musicale e scoperchiare vasi di Pandora che potevano essere maneggiati con molta più cautela.

Nick Drake aveva messo tutta la vita nei suoi dischi, l'unica maniera che aveva di comunicare con il mondo esterno. Il resto non gli interessava. La sua esistenza brillava in un empireo celeste, fatto di cose semplici come gli alberi, il mare la luna e le foglie. Soltanto le sue canzoni fornivano appigli per decifrarne l'anima, trovarne il segreto patimento. Purtroppo la sua arte non è stata compresa. Ignorandola si cancellava ogni speranza. La sua chitarra ammutoliva per sempre.

Ma le sue canzoni sono ancora capaci di cambiare la vita.

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