Durante la disperante crociata in favore dell'ecologia del linguaggio, sono stato appena trafitto da una delle frasi fatte che si abbattono ogni giorno sulle orecchie degli italiani. «È necessario un adeguamento perché siamo sotto la media europea».«Adeguamento» nel dizionario delle facce toste ha sostituito la parola «aumento», che emanava una sincerità insopportabile. Ha un suono più morbido ed evoca una rassegnata necessità. Da alcuni anni il biglietto del treno non aumenta più. Si adegua. Come coloro che lo pagano. Un po' alla volta, senza traumi. Anche la bolletta della luce si adegua di continuo. E quella del telefono. Sono ragazze perbene. Conformiste ma fedeli. E come mai si adeguano? Semplice, «perché siamo sotto la media europea».Questa espressione fiorisce sulla bocca di gestori e monopolisti assortiti con la stessa disinvoltura con cui il goleador dichiara «non sono contento per me, ma per la squadra» e la modella rivela «in un uomo cerco soprattutto il senso dell'umorismo»*. Parole di plastica, dietro le quali si stende il vuoto della finzione e della fregatura. Nell'informarci che «siamo sotto la media europea» cercano di farci sentire in colpa: finora ce la saremmo spassata in un'infinita fanciullezza, ma è giunta ora di diventare adulti. Però mai che da quelle bocche esca il minimo riferimento alla qualità dei servizi che ci offrono. Più lenti della media europea, più sporchi della media europea, più inefficienti della media europea. Ci trattino da adulti veramente, migliorando la qualità del loro lavoro. Noi ci adegueremo.
(Massimo Gramellini, La Stampa, 6 maggio 2007)
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